L'arsenale 2017_nuova musica a Treviso
L'omaggio a Cage era scontato, visto che quest'anno cade il centenario della sua nascita e il ventennale della sua morte. Ma qui siamo a qualcosa di più di un omaggio. Bruno Maderna, clonando una frase famosa di Benedetto Croce, diceva che "ormai (prima del 1973) non possiamo non dirci cagiani". Ed è vero. Com'era stato vero prima per Wagner o per Beethoven: non ci si poteva, dopo di loro, non dire beethoveniani e wagneriani. Nel senso che anche chi si oppone all'impostazione musicale di Beethoven, di Wagner e, nel secolo breve, di Cage, non può comunque ignorarli. Faccio una musica diversa da quella di Cage, ma la musica di Cage ha stravolto anche la mia musica che le si oppone e la contrasta, appunto perché le si oppone e la contrasta, altrimenti, senza Cage, sarebbe stata un'altra musica. Facciamo un esempio letterario. Petrarca è, si può dire, il padre di tutta la poesia europea, e guarda caso chi vuole scrivere poesia diversa deve dichiararsi "antipetrarchista", anti-, certo, ma appunto anti-, e cioè contrario a quella poesia di cui non può non tener conto. E' il destino degli artisti che hanno segnato un'epoca. Nel bene e nel male. Nella rassegna trevigiana spicca un nome anomalo – e anomalo in tutti i sensi – molto più legato al panorama musicale moderno di quanto si creda: Orson Welles. Il suo modo di trattare il montaggio ha molto a che vedere, per esempio, da una parte con il collage dei post-cubisti, e in particolare di Braque e Picasso, e ancora di più con la com-posizione delle musiche americane o scritte in America (Ives, Varèse, Feldman). Non basterebbe un volume intero di saggi a sondare l'argomento. Qui basti dire che una qualità tipica dell'arte americana è l'accumulazione e la sovrapposizione di elementi diversi, anche eterogenei. La banda, in un pezzo famoso di Ives, o la sirena dei pompieri, in Varèse, non è l'intrusione di qualcosa di caratteristico, come un tema popolare in una Sinfonia di Dvořák, ma l'intrusione, appunto, di un elemento estraneo, inaspettato. La poetica che sorregge un simile atteggiamento è la poetica dell'opera aperta, in opposizione alla poetica europea dell'opera chiusa. Cage ha cercato di mescolare le carte. Creando consensi e dissensi. Il silenzio non esiste. A parte il rumore fisso che ciascuno sente con le proprie orecchie, o piuttosto nel proprio cervello, esistono i rumori della strada, della campagna, e in una sala da concerto c'è chi tossisce, chi scartoccia una caramella, chi si soffia il naso. Questi suoni non sono estranei alla musica che si ascolta, ma per Cage ne fanno parte. Se questo è il tema, allora le variazioni sono infinite. Come quelle che propone il Calendario della Nuova Musica secondo la concezione musicale del gruppo L'arsenale. Compositori e interpreti si avventurano in un viaggio nel quale viaggiare è più importante della meta che si raggiunge. Buon viaggio, dunque, a Filippo Perocco, l'ideatore di questo viaggio, e a tutti coloro che hanno deciso di seguirlo nell'avventura. Il filo che lega quest'avventura al passato della Musica Nuova (Schoenberg e Webern, ma anche Boulez e Stockhausen, e naturalmente Debussy, Messiaën) è solidissimo: a suo tempo il passato era presente, e la musica che ci sembra sorpassata, consumata, irrimediabilmente vecchia, era nuova a suo tempo. Non bisognerebbe dimenticarlo mai. I colpi di timpano che scandiscono, da soli, l'inciso tematico dello Scherzo della Nona di Beethoven furono percepiti dal pubblico di allora sconvolgenti quasi quanto più di un secolo dopo il pubblico percepì come inauditi (alla lettera: mai ascoltati) i colpi di frusta sulle corde e sulla pancia di un pianoforte "preparato" immaginati dalla fantasia scatenata di Cage. Buon divertimento! Ogni viaggio, infatti, anche se musicale, è sempre anche un divertimento.
Dino Villatico
Monte Caminetto, 23 ottobre 2012